Sotto di me non vedo niente, solo acqua opaca, giallognola. Nulla di più opprimente quando ci si cala in pieno mare senza neppure il riferimento della cima dell’ancora; un’angoscia che tutti i subacquei provano.
La sagola non si scorge, troppo sottile, si confonde con il colore dell’acqua.
Gli altri sono sopra di me; mi lascio andare e vado verso il fondo.
Dalla pressione sui timpani credo di essere già ad una quota discreta ma non vedo ancora nulla. Lo scandaglio ha toccato, un relitto dovrebbe esserci.
Quando lo avvertiamo siamo già spostati con l’imbarcazione di parecchie decine di metri e non abbiamo la possibilità di gettare a mare un pedagno. Spesso accade che finiamo fuori bersaglio per questo motivo.
Scendo ancora nell’acqua opaca; Bob mi osserva qualche metro distante, scuote la testa. Gli altri sono leggermente più sopra, in fila indiana. La pressione sui timpani si fa più forte, la profondità è aumentata ed il fondo cambia leggermente colore, si schiarisce.
Ci siamo. Forse.
La luce che riesce a penetrare rimbalza sui resti di quella che fu una nave; le lamiere si fanno più evidenti, chiare, nitide.
Il nuotare è faticoso, la profondità non è quella solita, siamo spostati apparentemente di trenta, quaranta metri dal ponte irriconoscibile.
Finalmente siamo sopra, con gran dispendio di aria; -43 sul ponte di comando.
L’acqua a questo livello è più chiara. Nuotiamo tutti ad una decina di metri dal ponte per risparmiare sul consumo d’aria e per poter avere un punto d’osservazione migliore. Troviamo un fumaiolo, stiamo andando verso poppa; ci lasciamo il castello di prua alle spalle. Sotto si apre una stiva buia, un antro vuoto. La nave in questo punto è fortemente danneggiata, una bomba ha aperto una larga falla. Torniamo indietro ad una quota ancora più alta.
Passiamo sopra il ponte di comando che è tre piani sopra il livello di coperta e procediamo verso prua. La nave è abbastanza pulita, pochi detriti. Con una rapida discesa cerchiamo di vedere cosa contiene la stiva che ci viene incontro nera come la pece; solo binari per ferrovia a scartamento ridotto. L’albero di prua è spezzato.
Le prese d’aria in coperta divelte, si nota un bigo di carico ed un lungo tubo di metallo, forse il boma. La prua si staglia netta nell’acqua scura. Le ancore sono fuori bordo, le catene pendono dall’occhio di cubia. Profondità in coperta –53.
Nessuno si è avventurato all’interno delle stive; la profondità supera i sessanta metri. Il nome della nave è riconoscibile. (Seiko Maru) Scendiamo seguendo il filo di ferro, l’angolazione nel punto dove si è incastrata la pietra è accentuata. Scendendo in verticale saremmo finiti sul fondo della laguna. Già a – 15 vediamo la nave, è appoggiata sul fondale, leggermente sbandata a dritta. La nostra pietra si è incastra sui rottami di poppa. Si vede chiaramente il foro prodotto dalla bomba che ha centrato la nave facendola esplodere e bruciandone la zona poppiera, molto vicina alla sala macchine ed ai serbatoi del carburante. Parte delle sovrastrutture sono addirittura fuse dall’incendio che si è sviluppato per via dell’esplosione della bomba lanciata dal cacciabombardiere americano. Nessuno di noi si addentra nelle viscere del relitto, più in profondità. Nuotiamo sulla coperta verso il ponte di comando, sopraelevato di un paio di piani. Il legno che lo ricopriva è sparito, rimangono le strutture metalliche fittamente ricoperte di coralli molli. Si scorge il telegrafo di macchina, il supporto della bussola, niente altro. Tutto è ricoperto di detriti.
Siamo scesi più in basso, verso quelle che sembrano essere le cabine dell’equipaggio. Abbiamo trovato frammenti di oggetti comuni. A prua è sistemato un vecchio pezzo di artiglieria, completamente ricoperto di corallo, appoggiato su una base che sembra legno. Sul grosso verricello le catene delle ancore sono appoggiate sui tamburi, filate a mare unite alle ancore posate su un fondale che sfiora i – 50 metri. Integro l’albero di prua. Arriva con la sua testa a 7 metri dalla superficie.

E’ un’esplosione di colori, un piccolo mondo marino tanti gli “esempi” di vita cresciuti su questo pennone. Quota di profondità del ponte: meno 29. Lo scandaglio ha urtato una struttura, ma non siamo riusciti a scoprirla al primo tuffo. Solo al terzo tentativo abbiamo avuto successo. Ci siamo calati appena abbiamo urtato lasciando che l’imbarcazione proseguisse con la pietra a ciondoloni. Intravediamo il relitto a quota meno 35 e arriviamo sul ponte attorno ai -50, mentre il fondo è ancora più in basso (forse attorno ai 60/65). Siamo a prua, un’ancora è fuori bordo, le prime due stive sono vuote. L’albero di prua è collassato e il relitto è abbastanza pulito. Malgrado la profondità la flora subacquea ha attecchito sulla prua.
Stranezze di questa laguna, perché spesso a queste profondità sul metallo dei relitti non ci sono particolari incrostazioni. Il ponte di comando è uno scheletro di metallo; due i comandi di macchina ancora esistenti, penzoloni, crollati per la mancanza del pavimento di legno che come altrove è andato consunto.
Segni di fuoco sono più evidenti nella stiva n. 3, forse dove colpì una bomba. Non si notano però particolari devastazioni dovute al bombardamento. La stiva 4 è ingombra di fusti da 45 galloni probabilmente di benzina avio.
Non ci addentriamo e passiamo a volo radente fino a poppa.
Lasciando la nave scorgiamo che la grande elica a quattro pale è ben visibile sotto la pancia di questo relitto.
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